Si parte con l'usato sicuro: l'ampia baia di Portic, ombreggiata da un vasto bosco e rallegrata dal variegato paesaggio, con l'isola di Sekovac e la variante prospettica rispetto alla terrazza di casa. Tante barche, tanti nudisti: la gente è numerosa, ma è domenica ed è comprensibile. Acqua sempre limpida e fresca, ma non fredda, con i soliti pesci che guizzano fra le gambe, ma non numerosissimi. Poi, si cambia costa. Il panorama ci perde qualcosa - mare aperto e, da qualche parte là in fondo, l'Italia - ma al tirare delle somme l'impressione complessiva è migliore (a meno che si tratti dell'effetto novità). La prima visita è per Polje, seconda solo a Portic per ampiezza e profondità. Il piccolo porticciolo non disturba in modo particolare, anche se stanno lavorando sul molo, e gli ampi spazi sono più vuoti che pieni: è ancora giugno, forse più in là nella stagione la ressa aumenta, ma è un problema che vale ovunque. L'acqua è pulita, ricchissima di pesci di varie specie e dimensioni, ed anche non troppo fredda: caratteristica, quest'ultima, condivisa con le altre insenature del versante occidentale. Purtroppo così non è per quanto riguarda la pulizia: ci dev'essere una corrente che porta un po' di sporcizia su queste spiagge nel tardo pomeriggio: Polje è protetta dalla sua stessa ampiezza. La baia è ombreggiata da un bosco di pini marittimi, fra i quali soffia un'ariettina che non consente di stare solo in costume. Per riscaldarsi, si percorre il sentiero che conduce fino a Penižule, a costo di qualche acrobazia e di qualche graffio lasciato sulle gambe dai rigogliosi arbusti che spuntano tra le rocce della costa.
Penižule, allora. Meglio il pomeriggio, per chi non ama stare troppo al sole. L'insenatura è stretta, raggiunta da un tortuoso sentiero che scende dall'alto (ma ce ne sono di peggio, come si vedrà). La spiaggia è costituita di ciottoli bianchissimi, tutto attorno ampi lastroni di roccia che possono diventare sia solarium, sia trampolino. Le poche piante aggrappate alle pietre sono nella parte più lontana dal mare ed offrono poche pozze di ombra in cui rifugiarsi. Le dimensioni ridotte non favoriscono la brezza, più apprezzabile sugli scogli che nella caletta. Acqua come al solito bella, costellata di rocce e sassi, abbastanza calda.
Caratteristiche simili per Njive, ma maggiore ampiezza. Raggiungibile anche in auto, offre alcuni pini per ripararsi e, un po' più lontano, arriva anche il bosco. Lontano dal sole, il vento è fresco e piacevole. C'è anche un baretto, ma tanto in disparte da passare inosservato. La discesa in mare è ciottolosa e, quando il sole picchia, lo sguardo fatica a resistere al riflesso. Forse la baia con maggior numero e varietà di pesci, nelle ore di punta è già abbastanza affollata. Ci si può allora incamminare sul sentiero che, volendo, porta fino a Punta Kamenjak: una passeggiata fra il profumo intenso della macchia mediterranea, rallegrata dalla fioritura degli arbusti. Sulla destra, l'isola di Fenoliga, con il suo faro, si fa sempre più grande mentre la presenza di correnti pericolose segnala che l'estremità della penisola è ormai vicina.
Terza variazione sul tema, in versione bonsai, è Radovica. Vale, amplificato, quanto già detto per Penižule. Già per raggiungerla ci vorrebbero buone scarpe da montagna: discesa ripida e traversata esposta sulle rocce. Le pietre, candide e levigate, riempiono uno spazio in cui venti persone sarebbero troppe. Anche nel sole del tramonto, la temperatura non scherza, ma la sensazione della piccola caletta riparata dalla folla è sempre piacevole. Va da sé, come un po' ovunque, che ci siano nudi integrali spaparanzati al sole, ma chi viene da queste parti dovrebbe essere sufficientemente preparato.
Infine si torna ad est, in un'ultima giornata meno bella delle precedenti, nello stesso tempo annebbiata ed a tratti nuvolosa. Niente di male comunque, e non rovina certo la mattinata a Portic e il pomeriggio sul fondo sabbioso di Debeljak. L'ammaestramento dell'anno precedente è prezioso e, dopo l'attesa al fresco della prima baia, si raggiunge la seconda, senz'alberi, solo per il bagno. Sempre molto bella, anche se la foschia spegne un po' i colori ed impedisce allo sguardo di arrivare oltre l'isola di Fenera. Solo un paio di particolari fanno supporre una pericolosa normalizzazione della spiaggia: una strada di accesso non orribile come l'anno scorso e la presenza di un bar assai più rumoroso ed invadente di quello di Njive.
E così è finita, con un temporale che accompagna verso l'Italia e lava via dalla macchina un po' della polvere e della terra accumulata in una settimana di strada sterrata. Restano i ricordi di un posto molto bello e poco contaminato, un sacchettino di "Vegeta" e il desiderio di tornare, se non altro per andare a mangiare alla "Konoba Runke", luogo di squisitezze gastronomiche e gentilezze personali ad un prezzo veramente conveniente.
(Giulia, Chiara, Diva e Carlo sono gli autori anche del racconto - Isola Rab 2005)
Giulia, Chiara, Diva e Carlo (luglio 2008)